Segni del sacro e lapidi commemorative

La “finestrella dell’anima”

Forse è una particolarità che non esiste in nessun altro paese della valle. Si trova sull’unica casa di Comasine che non è bruciata nell’incendio del 1853, incendio che distrusse tutto il paese, compreso il campanile, la chiesa (e i relativi registri dei nati, morti e matrimoni).

Cos’è la “finestrella dell’anima”? È una tipica tradizione dei “Walser”, una popolazione che nel XIII secolo causa la sovrappopolazione del Vallese, Cantone Svizzero, si è sparsa in varie località dell’arco alpino della Svizzera, dell’Italia e dell’Austria scegliendo le zone non abitate di alta montagna e più favorevoli ai pascoli e all’allevamento del bestiame.

Assieme alla loro lingua (un tedesco arcaico) rimasero attaccati alle loro tradizioni e alla loro arte e maestria nel costruire le case in legno. La loro vita in condizioni sempre difficili e spesso estreme li portò ad uno stretto contatto con la natura per scoprire e far proprie tutte le possibilità che essa poteva offrire.

Tra le numerose particolarità di questa gente, nelle case, proprio sotto il tetto, costruivano una piccola apertura decorata, perché quando nella casa una persona stava per morire, la piccola finestra veniva aperta in modo che l’anima del morente potesse uscire senza difficoltà.

Ma perché a Comasine? I Walser erano anche esperti minatori e a Comasine c’erano le miniere. Ecco un possibile legame ancora da approfondire.

Il “sacro” sulle case e sui masi

Sicuramente su varie case del paese c’erano dipinte immagini sacre che il fuoco, le intemperie e il tempo hanno danneggiato irreparabilmente come la Madonna e Anime purganti di casa Sonna (ex casa Matteotti-Meneghetti).

La scritta: “Passager che passi per questa via, per te recita l’Ave Maria” voleva essere un richiamo a elevare una preghiera mentre si passava di lì. Fu fatta fare da Matteo Matteotti nel 1763. Le conseguenze dell’incendio del 1924 fecero staccare parte dell’intonaco perdendo così parte dell’affresco. [foto 92]

Sulla casa sotto la chiesa, casa Sonna-Gionta (ex casa Tonazzi, emigrati nel veronese) è ancora ben visibile una grande cornice con l’affresco di una Madonna dai colori in via di spegnimento. [foto 91]

Una statua della Madonna si trova sul Maso Battistini, sempre a Comasine. [foto 95] e un’altra statua della Madonna si trova sul Màs de Donoplan [foto 96], recente rifacimentp dell’antico “Molìn del Còcc” sulla strada imperiale. Altra piccola Madonna sulla Casa Sonna (Flèssi) [foto 101].

Diffuse erano anche le immagini di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali. Una volta il sacerdote del paese passava per tutte le stalle a benedire gli animali. Andava anche nei masi sparsi nelle varie località.

Non erano rare immagini sacre all’esterno, attualmente scomparse per incuria o a causa delle intemperie.
Sant’Antonio Abate su Maso Penasa a Comasine. [foto 93] Altro motivo religioso su Maso Bordati [foto 100] e su Maso Sonna a Stavion [foto 94].

Miniere con nomi di santi

Sono le miniere del XX secolo. Dare il nome di un santo ad ogni miniera non si sa se era tradizione o è stata un’idea dell’ing. Tullio Tschurtschenthaler dell’Elmo che nel 1937 era il responsabile della società “La Comasine”. Si dice che era uomo molto religioso.

Il nome di una nuova galleria era preso dal santo riportato dal calendario nel giorno in cui gli operai iniziavano lo scavo della stessa. Nella zona di Staviôn: S.Primo, S.Prospero, S.Barbara, S.Lucia, S.Achille, S.Pietro, S.Ferruccio.
Nella zona di Gardené (Garzané): S.Lucio, S.Carlo, S.Luigi. Qualche lavoro per riattivare quest’ultima è stato fatto qualche anno fa. Ora è tutto fermo.

La S.Cesare è l’unica sul versante di Celentino. È stata anche l’ultima a essere chiusa nel 1967.

Lapidi commemorative

Le lapidi poste lungo le strade ricordano sempre un evento, quasi sempre una disgrazia, quelle invece sulle case ci ricordano qualcuno che con la sua vita ha lasciato un segno, per l’arte, per la scienza, per la fede, per un’idea.

Una disgrazia non ancora ben accertata avvenuta nel 1794 ce lo ricorda la lapide all’inizio della galleria di Valmaôr [foto 98] e un’altra disgrazia ce la ricorda la lapide presso il “Molìn del Còcc” [foto 99]. Il 2 luglio 1884 annegarono nel Noce in piena, i proprietari del Mulino con annessa segheria, Maria Bordati (45 anni) col coniuge Gio.Battista Paternoster.

Nel cimitero una lapide ricorda i nome dei morti a causa della valanga del 1888 [foto 102], così pure si ricordano i nomi dei caduti nelle guerre sul monumento ai caduti [foto 33].